Donne di Destra e di Sinistra (analisi semiseria bipartisan)

I riflettori su questa dicotomia si sono prepotentemente accesi da quando, a partire dai primi anni del 2000, cominciarono a fare il loro ingresso al governo, in maniera sempre più eclatante, le  donne, fino ad allora mosche bianche  e dal low profile.
La prima donna  a  varcare la soglia della sala dei Corazzieri nel lontano 1976, fu Tina Anselmi, prima donna ministro nella storia della Repubblica italiana.
Cominciarono a entrare in punta di piedi, dapprima come ministre senza portafoglio  e poi  pian piano fino a ricoprire ministeri chiave o addirittura da sempre appannaggio maschile,  penso alla Pinotti, che fu chiamata  da Renzi alla Difesa nel 2014, fino al miracolo dei nostri giorni: un primo ministro donna!!!.
Ricordo che nel periodo in cui si alternavano i governi Prodi e Berlusconi, cominciò il gioco del colorato confronto tra le ministre di destra e quelle di sinistra.
Un luogo comune secolare e iniquo, come tutti i luoghi comuni, vuole  che le donne di destra , più abbienti, siano  più belle, avendo, oltre ai natali privilegiati, anche maggiori risorse per esaltare lo charme di fondo.
Quelle di sinistra, meno gratificate da madre natura, venute su tra stenti e ristrettezze, con scarsi mezzi a disposizione per esaltare l' immagine (Photoshop a parte) non hanno che da dedicarsi anima e corpo allo studio per brillare.
Si sa, per Rousseau alla nascita tutti gli uomini (e le donne) sono uguali, è la legge finanziaria che tende a differenziarli.
Per  Nietzsche invece tutti gli uomini (e le donne) alla nascita sono diversi, ma il chirurgo plastico tende a massificarli.
 Nel 2008, con il Berlusconi  IV,
quattro donne di destra  giurarono,  come vuole l' art. 93 della Cost., fedeltà alla Repubblica "nelle mani del PdR", allora Giorgio Napolitano.
La bionda ed eterea  Stefania Prestigiacomo, in tailleur bluette, pronunciò la formula di rito con uno spiccato accento siciliano, accogliendo la sua nomina a ministro dell' Ambiente.
In quota Forza Italia, aveva strenuamente lottato per le quote rosa.
E questo è.
L' altra bellissima, salernitana di razza, proveniente dal mondo dello spettacolo, abbandonati per sempre  gli abiti di scena,  giurò nel suo morbido  tailleur , very politically  correct , di un tenue grigio perla come gli orecchini che indossava.
Anche lei nelle fila di Forza Italia, dal suo primo ingresso in parlamento, si era immersa in uno studio matto e disperato di tutti i rami del diritto, per recuperare il terreno perduto e spegnere le lingue di fuoco che aleggiavano sulle modalità della sua ascesa verso Montecitorio prima e palazzo Chigi dopo.
Nessuna donna più di lei poteva temere  l' angoscia che si vive quando si è vittima  di stalking, tanto  che Mara Carfagna lo  fece diventare reato proprio durante  quel governo.
La ricorderemo per questo e per il balletto sulla sedia impagliata che "Striscia la notizia" ogni tanto va a riesumare.
A 32 anni era la seconda donna più giovane del governo.
Ma la più giovane era lei: Giorgia Meloni, a soli 31 anni era chiamata a dirigere il  ministero dei Giovani, un ministero senza portafoglio, certo, ma un ottimo inizio per farsi le ossa nelle stanze  del Potere. 
Giurò leggendo il foglio con la formula di rito.
Ho notato che, quando nel 2022 ha giurato da  primo ministro, è andata a memoria,  dimostrazione della sua determinazione , decisione e tenacia (a imparare  a memoria) che si autoattribuiva già nell' intervista del suo primo insediamento a Palazzo.
Insomma sindrome da prima della classe.
Prima della classe che, invece, non è mai stata il ministro dell' Istruzione Maria Stella Gelmini, avvocato di Brescia, chiamata al Ministero più "indisciplinato" di sempre , senza alcuna pregressa esperienza. 
Troppo inesperta per il ruolo ricoperto, certamente teleguidata dal braccino di Tremonti ma soprattutto da quello di Brunetta, votati ad una spending review sempre ai danni dell' Istruzione Pubblica .
Tant'è : l' esperienza se la fanno sempre sulla pelle di noi docenti diventati con lei  improvvisamente in soprannumero e di milioni di poveri ragazzi , accorpati in classi pollaio.
Lei che, con un decreto che porta il suo nome , era passata dal giudizio al voto, prende un' insufficienza, che in termini numerici sarebbe  un' onta troppo grande per un ministro .
Solo la Azzolina ha fatto peggio di lei: lo Stato è ancora alle prese con lo smaltimento dei banchi a rotelle, non si riescono a riciclare e la loro distruzione innalzerebbe  i gas serra oltre i limiti fissati dal Green Deal.
Centodiciannove milioni di euro buttati via.
Nel governo Prodi II, di donne ce ne erano sei, ma per par condicio ci focalizzeremo solo su quattro di loro, scegliendole non in base alla bellezza (sarebbe offensivo, oltreché arduo, direbbero quelli dei luoghi comuni) ma in base all' importanza del ministero che vennero chiamate a dirigere: 
Livia Turco  alla Salute;
Emma Bonino  al Commercio internazionale e alle Politiche europee;
Rosy Bindi  alla Famiglia;
Barbara Pollastrini  alle Pari  Opportunità.
La Turco da sempre di sinistra , venne chiamata a dirigere il dicastero più afflitto, sempre sull' orlo del collasso e  bisognoso di nuova linfa , che la ministra  non riuscì mai a  reperire, nonostante l' aumento dei ticket che somministrò  a tutti gli assistiti italiani.
 Sarà ricordata dai più per aver depenalizzato l'uso della cannabis.
Al giuramento indossava uno spezzato: pantaloni neri con giacca di un argento lucido,.parure di corallo: rosso, of course.
La Bindi in total black, forse per assottigliare la linea sempre un po' appesantita e dare un tocco di classe a quella classe che le è sempre mancata, almeno nell' outfit.
Sgarbi, con la sua consueta tracotanza,  dalla poltrona di "Anno Zero",  e al cospetto di un imbarazzato, ma divertito Santoro,  le aveva già dato della "più bella che intelligente",  etichetta infamante che le resrerà appiccicata per sempre addosso. 
Allora mi chiedevo perché una donna sola fosse stata chiamata al Ministero della Famiglia. 
Ma si sa,  l'esperienza da noi non è un requisito richiesto.
Troppe chiacchiere e pochi fatti, nel complesso mediocre, nel giudizio che Mariastella le avrebbe dato in pagella (allora non c' era ancora il Registro Elettronico).
Luminosa la Bonino che giurò in una vivace  camicia di taffettà verde, simbolo dell' Ambiente  di cui Emma era da sempre stata paladina.
Infaticabile guerriera  anche in  tante  battaglie condotte per i diritti civili, aveva da sempre viaggiato in tutto il mondo, considerandosi una sua cittadina , fermamente convinta della necessità dell' integrazione dei popoli, e dunque ciecamente fiduciosa in una Europa unita.
Ricordo che ammiravo il suo biondo doppio taglio, sempre in perfetta piega, tristemente sostituto, negli ultimi anni, da quell'elegante turbante che, con estremo vezzo femminile, nasconde ciò che solo una donna come Bianca Balti  può mostrare senza remore.
In quanto alla Pollastrini , da subito nutrii un pregiudizio nei suoi confronti, convinta come sono che il proverbiale "Nomen omen" di Plauto sia infallibile. 
Molto bon ton in tutte le occasioni, per il giuramento scelse un tubino nero scivolato, abbinato ad una giacca bianca modello Chanel con orli nel colore dell' abito .
Non verrà ricordata, o almeno io non la ricordo, per alcun particolare provvedimento  a suo nome,  ma ha almeno sdoganato l' assunto che la chirurgia plastica è di destra.
E allora?
Ieri sera, sulla poltrona di "5 minuti" di Vespa, il leader di Azione ha candidamente affermato che i suoi  in parlamento non votano nè  a sostegno della destra nè a sostegno dellla  sinistra, ma in funzione della delibera proposta: approvano a prescindere dal proponente purché  faccia gi interessi del popolo.
 Ma di quale popolo? 
Solo il 63% degli italiani  è attualmente rappresentato nel principale consesso istituzionale. 
E in questo numero ci sono sia i napoletani che la domenica vanno a " sbariare" a Roccaraso, sia quelli che vanno a "sfilare" sulle piste di Aspen, sia i lavoratori della Stellantis, sia i sostenitori di "zero emissioni", sia donne che (come avrebbe categorizzato Gaber)  indossano i collant sia  donne che portano il reggicalze, e aggiungo quelle che, come me, solo gambaletti.....
E allora? 
Cambiamo la legge elettorale?
Non basta cambiare  il Rosatellum, tanto la preferenza la daresti comunque a uno/a scelto dal partito.
Modofichiamo l' art 93 della Costituzione?
Si profilerebbe una deriva totalitarista.
Aumentiamo le quote rosa?
No, grazie, non vogliamo vantaggi.
E allora?
Odiamo l' aria che respiriamo, ma non facciamo nulla per cambiarla.
Spalanchiamo le finestre e facciamo entrare aria pulita.
Non arriviamo al punto di farcela mancare...











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