Racconto di Natale

Anna stava risciacquando i bicchieri di cristallo nel lavello,  quando si sentì chiamare: " Mamma vieni , scartiamo i regali".
 Si ricordò di quando era lei a chiamare sua madre dopo il pranzo di  Natale, per perpetrare quella tradizione che elettrizzava tutti, tranne lei,  sua madre che, imperterrita continuava a lavare le stoviglie.
 Rigorosamente a mano. 
Suo padre una volta gliela aveva pure portata una lavastoviglie, ma la tecnologia non era per lei. 
Ci metteva il doppio del tempo: sciacquare i piatti prima di caricarli e risciacquarli allo scarico.
 Non per lei. 
Lucia  la rimpacchettò dopo qualche giorno e la rispedì ad uno dei tanti fornitori dove il marito si serviva per la sua ditta.
All' ennesimo  richiamo di Anna,  Lucia si asciugava le mani col grembiule umido e si affacciava nel salone addobbato per le feste, per assistere a quel rito che non gliene poteva fregà de meno. 
Il suo pensiero era alla pila di stoviglie da smaltire.
Scartava veloce il suo pacchetto con malcelata indifferenza e sgattaiolava via di nuovo nel suo regno, affinché risplendesse come sempre, al più presto.
 Il suo regno indiscusso, dove nessuno mai poteva preparare nemmeno un caffè. 
Non suo marito, non le sue figlie, solo lei.
Quando le sue  ragazze si sposarono non sapevano  nemmeno  mettere su una moka...
Marco la chiamò una seconda volta: " Mammina i regali", Anna  lasciò scivolare in fretta  il calice che aveva tra le mani nell' acqua saponata e si affacciò nel salone, dove sotto l' albero un mare di pacchetti infiocchettati reclamavano di essere svelati. 
L' albero quest' anno era davvero speciale: non il solito abete artificiale da montare ramo su ramo, ma lei aveva  voluto  addobbare  con palline illuminate da una serie di pisellini intermittenti  il ficus di sua madre, che lei tanto aveva  amato.
 Fu la prima cosa che Lucia portò a casa sua quando, in seguito alla malattia , si trasferì da sua figlia.
 Un ficus rigoglioso che si stagliava nel salone della nonna, che  curava con una dedizione  filiale e del quale correggeva tempestivamente ogni minimo scostamento che lo deviasse  dalla condizione ideale: troppa acqua, poca luce, rami da sfrondare.
Quando arrivò a casa la figlia si  rese conto che non aveva  uno spazio adeguato per accoglierlo e lo posizionò fuori al balcone,  lei  che invece il pollice non ce l' aveva per niente verde.
Tanto tempo fuori, esposto ai venti freddi invernali, al sole infuocato estivo,  perse tutte le foglie e rinsecchì.
Ma un giorno, come per incanto, come nel giardino del gigante egoista, spuntarono delle gemme e poi delle foglioline sui rami ingrigiti.
Anna liberò un angolo del salone e lo riportò all'interno, lo potò e cominciò ad innaffiarlo con cura e regolarità sotto lo sguardo pago di Lucia, che in quell' angolo, che diventava sempre più vasto e più verde, ritrovava l' atmosfera della sua amatissima casa.
L' anno scorso Anna non fece l' albero di Natale, le condizioni di salute di sua  madre precipitarono il 13 dicembre, proprio il giorno di Santa Lucia.
 Prese solo una picea, che oggi fa ombra alla  foto sulla lapide di sua madre.
Quest' anno per Natale Anna  aveva   addobbato a festa il ficus di Lucia: verde, alto, frondoso  con tutte quelle calde  lucine dorate:  ogni volta che passava  in sala,  aveva l'impressione di vedere la madre che, ancora, reggeva  i fili delle loro  vite.


Commenti

Post più popolari