LO AVETE FATTO A ME
Stamattina in classe si parlava dei servizi pubblici che lo Stato organizza per i meno abbienti, attraverso quella redistribuizione del reddito che tenta di riportare un minimo di equità sociale.
Uno dei ragazzi è intervenuto chiedendomi se anche le Mense dei poveri fossero una di queste misure di welfare.
Gli ho detto che di solito questa tipologia di servizi sono offerti da associazioni private di volontariato o da enti religiosi.
Mi è prepotentemente tornata alla mente l'esperienza vissuta in prima persona nel 2014, in una di queste mense.
Era appena finito l' anno scolastico, non ero impegnata negli esami di Stato, i miei erano in perfetta salute ed i ragazzi erano all' estero per motivi di studio.
Mi trovai all' improvviso con tanto tempo libero a disposizione e sentì forte il bisogno di fare qualcosa di concreto per gli altri.
Chiamai don Franco, il parroco di San Domenico, offrendo la mia disponibilità quale volontaria in qualunque ambito potessi essere utile.
Il sacerdote si prese un po' di tempo per trovare il modo migliore per impiegarmi.
Mi richiamò a stretto giro, dicendomi di presentarmi da Mario, alla Mensa dei Poveri San Francesco, perché avevano bisogno di una mano (molto probabilmente, però ero io che avevo bisogno di una mano).
In una traversa di via Carmine, procedendo su per una breve salita, da un portoncino di accedeva ad un ampia sala arredata con grandi tavoli spartani. Sulla sinistra si era allestita la cucina a vista, separata da uno sportello per la consegna dei pasti da asporto: molti salernitani indigenti provavano vergogna a mangiare in sala al cospetto degli altri e preferivano portarsi a casa la busta con i pasti.
Mi adibirono alla preparazione delle verdure. Dai mercati della città arrivavano cassette di insalata del giorno prima, che andavano ripulite dalle foglie deperite prima di procedere al lavaggio. C' erano patate su patate da pelare, frutta da sbucciare, decine di vassoi da riempire. Un giorno cominciò a presentarsi regolarmente un uomo sulla cinquantina, che ritirava il pasto da asporto. Mi sembrava molto distinto: perfettamente rasato, abbronzato, capelli impomatati e una polo rossa sempre impeccabilmente stirata.
Dopo qualche tempo espressi la mia perplessità al responsabile della cucina circa l' effettiva necessità da parte di quel signore in rosso di avvalersi del servizio di mensa.
" È appena uscito dal carcere" mi rispose lo chef, ammutolendomi.
Mantenere la dignità in situazioni di povertà è forse il segno più vero della vera povertà.
Un giorno di metà luglio ero allo sportello, consegnando il vassoio di alluminío a vari scomparti alla lunga fila di ospiti.
Si servivano prima i pasti da asporto, che cominciavano ad essere ritirati intorno alle 11.30, poi dalle 12.30 i pasti venivano consumati in sala.
All' improvviso il cuore mi balzò in gola: procedeva verso di me un uomo alto con una lunga barba bionda, lunghi capelli con una scriminatura centrale, vestito con una tunica che arrivava fino ai sandali.......
"Gesù !!!!" esclamai sconvolta....
"No" fece Mario, " è Jesus, tutti lo chiamano così, un vagabondo tedesco che di tanto in tanto passa di qui.....".
Turbata , ma con una profonda sensazione come di gratitudine, mi vennero alla mente le parole del vangelo:
"Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?".......
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