PASSIONI DIPINTE - #renatoguttuso
Di Guttuso si è scritto che "dipingesse con il pene" per la carica erotica di cui aveva bisogno per esprimere la sua arte, o almeno così sosteneva una delle sue ultime modelle.
E tante furono le donne
che affollarono il suo atelier, tra pose e pennellate.
Tre soltanto fra loro riuscirono peró a scavare un solco perenne nel cuore del maestro: una duchessa, una marchesa e una contessa.
Il primo e più casto amore di Guttuso fu Topazia Alliata, la nobile mamma di Dacia Maraini, che con il sedicenne Renato frequentava un corso di nudo all' Accademia d Belle Arti di Palermo.
Renato era un un giovane siciliano bello e talentuoso, di umili origini: l' incontro con Topazia non gli dischuideva solo le porte di villa Valguarnera, dimora dei principi Alliata a Bagheria, ma anche tutto il mondo aristocratico che si nutre di arte, perché è solo l' arte che nobilita le pareti e le volte di chi quei palazzi non se li è guadagnati.
La decadente Sicilia cominciava a stare stretta a questo giovane scalpitante di belle speranze, che si decise a cercare fortuna a Roma.
Qui spiantato e fiero, tra schizzi e bevute , vita da bohemien a tirar l'alba nei ritrovi per artisti, "Sfrenato Guttuso" come lo chiamavano gli amici, incespicò in una nobildonna in fase calante, Mimise Dotti, di due anni più grande di lui.
Si presero subito: lei aveva bisogno di consensi dopo l' incidente automobilistico che le aveva sfigurato il gran bel volto, e che le era stato con più interventi ricostruito, lui della giusta protezione che gli consentisse di dedicarsi con completa serenità alla sua arte, proprio quando la critica cominciava ad interessarsi seriamente ai suoi lavori.
La marchesa venne immortalata in molteplici produzioni , famoso il ritratto dei 1947, anno in cui la pittura di Guttuso vira verso l' universo femminile, spostandosi dalla Sinistra al "Total body".
In questo ritratto il viso di Mimise appare in una strana tonalità ambrata, forse per restituire mobilità a quel volto che era diventato inespressivo e fisso dopo le numerose operazioni a cui si era dovuta sottoporre, un po' come accade oggi alle donne plastic surgery addict.
Amavano i giochi di seduzione, famose le reciproche scenate di gelosia in pubblico nelle trattorie che frequentavano, scaramucce alimentate dal vino abbondante , che poi finivano per ricomporre nel chiuso della loro camera da letto.
Ma sul finire degli anni '60, sulla strada di Guttuso si profilava un nuovo grande incontro, una più fresca fonte d' ispirazione.
All' orizzonte apparve un' altra musa , anche lei alta, anche lei bonda, anche lei "tanta", nobile per coniugio, contadina come lui per estrazione: la contessa Marta Marzotto, moglie insoddisfatta di Umberto, industriale del tessile.
Marta ha vent' anni in meno del maestro e tanta voglia di vita.
Lo trascina nel vortice dei suoi eccessi, restituendogli entusiasmo e riaccendendo in lui passioni sopite .
Dopo il primo incontro in uno dei salotti romani, dove lei era diventata la regina, lui la conquista, prima che con la pittura, con fitte pagine di lettere adoranti, che fanno cadere le già labili resistenze della contessa.
Marta diventa " la nuvola bionda", come lo stesso Renato ama definirla
e nella quale anela ad immergersi per trovare sempre nuova linfa per le sue creazioni.
Si incontrano ogni pomeriggio nell' atelier di Guttuso a Palazzo del Grillo, dove lui la prende e la riprende in tutte le pose, mentre la moglie, ignara, spende le sue ore al piano superiore dello stesso palazzo.
Nel ritratto qui allegato "Marta da legare" appare in tutta la sua esuberante essenza: seduta su un gradino, capelli scarmigliati, gonna tirata su per le gambe voluttuosamente dischiuse, seno che non lascia nulla all' immaginazione: più una contessa scalza che una nobildonna.
Trascorrono così vent' anni , tutto il mondo conosce questa storia che resta però clandestina, fino a quando Mimise all' improvviso muore.
Il maestro è sconvolto.
Avverte tutta la responsabilità dell' abbandono della moglie, si ritrae , respinge Marta e si eclissa in casa.
Già da tempo ammalato, si lascia morire nel giro di tre mesi.
Umberto si decide a lasciare Marta: erano diventate pubbliche le lettere che la moglie scriveva a Guttuso.
"Il volto è tutto, sulla faccia della gente c'è la storia che stiamo vivendo, l'affanno dei giorni. La portiamo incisa più dei fatti che ci accadono in presa diretta o che avvengono lontano: noi siamo la vera pellicola della realtà; e io la dipingo".
R.G.
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