Skam (Skuorno)

Attratta dalla definizione di "serie più vista su Netflix", ho cominciato a seguire "Skam"  e ne sono rimasta sedotta, pur con tutti i limiti che presenta. 
Ambientata in un liceo di Roma neppure troppo esclusivo, è la universale narrazione della vita di un gruppo di ragazzi "urbis et orbis". 
Nata infatti in Norvegia ( il titolo Skam fa riferimento ai diversi disagi 
 che vivono i protagonisti) la serie ha trovato una felice versione italiana.
Sono già andate in onda le prime quattro stagioni, in ognuna di esse é rappresentato un cliché che, non per questo, si rivela meno intrigante:
Eva che ruba il ragazzo all' amica del cuore, Martino che  perde la testa per  "uno borderline",  il superbullo che crolla davanti alla "nonladóanessuno", la saggia e vera  Sana, la ragazza musulmana, suo malgrado costretta nell' Hijab, che l' inchioda ad uno scherno perenne: per tutti lei é OSana Bin Laden.
Ho ritrovato in queste storie senza tempo le emozioni provate da adolescente, quando per uno sguardo non ci dormivi la notte, le preoccupazioni vissute da madre per le compagnie e  gli sballi temuti dei  figli, il senso di responsabilità per le turbolenze manifestate da certi alunni difficili. E dietro i ragazzi difficili si annida sempre un padre che se ne é andato di casa per una più giovane, uno che è preso a fare soldi  in maniera poco limpida, una mamma che per seguire la carriera cambia città lasciando i figli scoperti, un' altra depressa perché asfaltata dalla vita, una che la vita le é stata strappata. Questi ragazzi così fragili, così abbandonati, così consapevoli delle proprie abbiettezze(skam), trovano nel compagno, nei compagni,  quella famiglia che non hanno più, perché famiglia non è solo "la famiglia", ma famiglia é lá dove trovi calore, lá dove vieni accolto, lá dove trovi protezione.

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