Mandami tanta vita
Se é vero che siamo ciò di cui ci nutriamo, Paolo Di Paolo é proprio ciò che scrive. É il frutto delle sterminate letture che ha condotto: in lui c'é Montale e Gobetti c' é De Sanctis e Croce, c é Pareto e Gramsci. Nei suoi occhi c' é l'incanto di Ingres e i bagliori notturni di Gainsborough, in lui vibrano le note dolenti del Parsifal. Per scrivere di se stesso senza scrivere di se stesso, é dovuto andare a ritroso nel tempo, fino ad arrivare agli anni '20 per delineare due anime come la sua anima: Moraldo che come un moderno stalker insegue il suo mitico giovane editore fino a Parigi e Paolo, così giovane ma già con un patrimonio inestimabile di meditate letture, ore ed ore trascorse su pagine che al momento opportuno riaffiorano per meglio illuminare la realtá. E non sono semplici citazioni, ma un vissuto catturato e metabolizzato. Belle anche le due immagini di donna descritte: quella devota, che rappresenta con il figlio che ti ha dato il punto fermo della tua esistenza, il porto sicuro dove approderai quando questa tempesta si placherà, e la fotografa misteriosa e sfuggente che come la Ninfa de "La source" , prima t' incanta e poi ti scivola via fra le mani...."E tu volontà nuova che mi chiami": una sirena che rapisce i tuoi sensi e poi ti annienta.
Ritorna il tema tolstojano della vita come menzogna: "Quando smetti di essere giovane?.....una sequela di avvisaglie, di avvenimenti ti incalza, conferma che si sta esaurendo la scorta di benevolenza che il tempo e il mondo ti hanno destinato".
"Credo che il mio spirito consuoni al suo".
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