Viale del tramonto

Camminiamo a St. Alban, Basilea,  una zona residenziale a ridosso del Reno, un pomeriggio di una tiepida domenica di Marzo. Viali alberati, delimitati da due file di costruzioni primo novecento, nitore e un profondo senso di pace aleggia tutt' intorno. Ad un tratto sulla mia sinistra scorgo una vetrata al piano terraneo di un edificio. Attraverso la parete trasparente si intravede un salone: tavoli da sei apparecchiati per la cena. Al desco persone anziane intente al pasto,  in qualche tavolo la presenza di un' infermiera, che indovini dalla tipica cuffia chirurgica. Gli ospiti non sembrano malati, nessun tremore, nessuna incertezza nel portarsi il bicchiere alle labbra, niente Parkinson, nè Halzheimer o Sla , solo gli anni, tanti  anni sulle spalle, tanti da non consentirti più nemmeno di apparecchiarti una tavola. Una grande tristezza mi avvolge. L' uno di fronte   all' altro costretti a guardarsi morire lentamente, a riconoscere negli altrui solchi profondi della pelle, i propri segni impietosi del tempo. Nessuna carezza nel rimboccarti la coperta la sera, nessuna giovane parola a prenderti in giro per l' ennesima volta che fai la stessa domanda, nessun rimprovero per il rubinetto che lasci  scorrere, nessuno che sceglie per te i bocconi più teneri e succosi dalla padella, nessuno che di nascosto ti porta il cioccolatino dopo l' ultima amara pillola della giornata. No, tu devi stare lì, nella residenza esclusiva, non a casa con tuo figlio, anche se la retta è molto più alta di un' assistenza domiciliare, perché sei diventato aggressivo, perché  sei pericoloso, puoi lasciare il gas acceso, perché puoi imbrattare il parquet con gli umori del tuo corpo malato , perché fa male  vederti tutto il giorno seduto sul divano a fissare la TV, perché trasmetti tristezza, perché ci ricordi continuamente quello che diventeremo.
Luigia Sisella Coppola 

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