Cosa ti sei messo in testa?



COSA TI SEI MESSO IN TESTA?

"Qualcosa di carino  in testa".
 Questo il dress code per il  tradizionale party di ferragosto lungo la piscina della villa del barone  che domina uno scorcio della selvaggia costiera cilentana.
Amici di amici ci avevano coinvolti in quella bizzarra festa di maturi romani: ricchi, nobili, decaduti, sfrenati, annoiati, devastati  e rifatti.
Arrivammo agghindate anche noi come principesse con in testa qualcosina per rispettare il protocollo. Una attempata lady aveva avuto l'ardire di presentarsi con un pappagallo imbalsamato arroccato sull' acconciatura fiammante e boccolosa, degna della migliore Marina Lante della Rovere. 
Alcuni di quegli ospiti, ci dissero, avevano partecipato come comparse interpretando se stessi  nel film "La grande bellezza"  di Sorrentino.
Intorno alla piscina, immacolate tavole imbandite con cascate di prelibatezze di stagione, con chef che ti friggevano al momento fritturine leggere di pesce e di fiori di zucca ripieni, flippini che ti coccolavano  con vassoi traboccanti di deliziosi bocconcini a km 0 e ti corrompevano con flute di bollicine e ostriche all' inebriante profumo di mare.
  Ci buttammo in mezzo a quel circo , ballando senza freni,  confondendoci con le  nobildonne romane sotto il pago sguardo dell' opulento padrone di casa ,che era riuscito a portare una sferzata di giovinezza alla sua  tradizionale festa di mezza estate .  Sfilammo lungo la piscina provando ad emulare  le mannequin , e  un po' indossatrici ci sentivamo per davvero, sotto gli attenti, famelici  sguardi della giuria, che doveva assegnare il premio all' orpello tricologico più originale. Non ci sentivamo donna oggetto, noi stavamo solo recitando quel ruolo che per le altre rappresentava la normalitá delle loro allegre serate.  Tra seni rifatti che esplodevano su rugosi decolleté, zigomi appuntiti e labbra rimpolpate ,cascate di capelli biondi extesi, che rendevano tutte uguali, c'eravamo anche noi, c' ero anche io, ancora intatta,  ma che ancora
non avvertivo lo squallore di tutta quella varia umanità, ancora mi divertiva stare al centro.
Vinse la dama col pappagallo, la più coraggiosa interprete di quella follia.
A fine serata ci attardammo a parlare col trentaseienne baroncino ereditario, amatissimo figlio dell' orgoglioso padrone di casa.
Sul retro della piscina sorgeva il campo da tennis, in terra battuta,  ci invitava l' indomani per un doppio misto.
 Accettammo contenti di continuare quel gioco in quel mondo che non ci apparteneva e per questo ci intrigava.
Arrivammo l' indomani in tempo per un doppio, prima del brunch.  Giocai in coppia con l' atletico, altero giovane blasonato: riuscimmo a vincere, nonostante per tutta la partita si fosse lamentato per un dolore alla spalla...............
Fu una giornata davvero piacevolissima, ci godemmo il relax di tutti gli agi che i nostri ospiti ci offrivano, ostentando con premurosa
 generosità  tutte le loro attenzioni.
Pretesero che rimanessimo fino a tarda sera, senza ospiti quella villa era troppo immensa e desolata.....
Ad ottobre promettemmo che saremo tornati per il torneo che il rampollo avrebbe organizzato con gli amici romani, l' ultimo weekend  prima di ritrasferirsi a Roma.
 Non ebbi mai quella convocazione tanto attesa, ma....a Natale mi arrivò un messaggio dal baroncino
" Quel dolore non era un problema alla spalla......"
La menzogna della vita si era dischiusa anche su quel mondo dorato con tutta la sua gravità..........
La festa era finita. 
Per sempre.
Luigia Sisella Coppola

Commenti

Post più popolari